Nel corso dell'ottocento fu fatto qualche debole tentativo di riforma: venne proclamata l'uguaglianza di tutti i cittadini dell'impero indipendentemente dalla fede e dalla razza, vennero istituiti tribunali laici in sostituzione dei "kadì", i giudici che emettevano le proprie sentenze interpretando il Corano, fu introdotto il principio della proprietà privata della terra, e conseguentemente il diritto di comprare, vendere o ereditare gli appezzamenti terreni, prima considerate proprietà dell'Imperatore.
Si trattava però di tentativi mossi senza troppa convinzione, se anche veniva approvata una legge innovativa questa poi non veniva applicata, quando addirittura le leggi non venivano revocate e seguite da condanne a morte per imporre le proprie decisioni, come nel caso del sultano Abd al-Hamid II che nel 1876 aveva promulgato una costituzione e istituito un parlamento elettivo e solo due anni dopo, per la serie abbiamo scherzato, si era rimangiato tutto e aveva condannato a morte chi si era opposto difendendoli.
In questo clima di arretratezza e di miopia politica, considerata la risposta repressiva del sultanato, i riformatori del movimento dei Giovani Turchi attua un colpo di stato e pur senza destituire il sultano prende, di fatto, il potere.
Quello dei Giovani Turchi era un movimento riformatore nazionalista che era riuscito a consolidarsi tanto tra i salotti degli intellettuali quanto tra i corridoi delle caserme, per loro l'urgenza era l'ammodernamento del paese ma a consolidare i loro legami era soprattutto il nazionalismo, l'urgenza di crescere forti e indipendenti affrancandosi dal dominio politico o economico degli stranieri.
Il problema... era che l'impero ottomano era per sua natura un miscuglio di etnie e razze diverse, era un amalgama di stranieri e di minoranze dove c'erano Arabi, Macedoni, Libanesi, Armeni e Curdi, ma i Giovani Turchi non iniziarono ad ammodernare il paese concedendo autonomia e indipendenza a questi popoli, continuarono, proprio come aveva fatto il sultanato, a imporre alle minoranze un regime oppressivo e autoritario, creando anzi un attrito anche superiore volendo enfatizzare l'importanza dell'etnia turca rispetto alle altre. Imposero l'uso della lingua turca, esaltando le glorie della propria storia, scontrandosi immediatamente con il nazionalismo arabo. Se il turco era la lingua della burocrazia dell'Impero l'arabo era la lingua del Corano, quella della religione, delle scuole e delle famiglie, e del resto anche la storia araba aveva le sue glorie da opporre a quelle turche per rivendicarne la stessa importanza.
Così l'affermarsi del partito turco aveva dato vita ai partiti arabi, che come il primo si nutrivano di nazionalismo per attecchire tra la gente, anche se questi dovevano operare in clandestinità per sfuggire alla sorveglianza dei turchi.
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