Il complotto per uccidere Attila


Al complotto per uccidere Attila, il re degli Unni, parteciparono molti attori, alcuni intenzionalmente protagonisti, altri coinvolti loro malgrado e inconsapevolmente in quel piano architettato da Crisafio, l'intrigante ciambellano di Teodosio II, l'imperatore orientale, non appena se ne presentò l'occasione...

Attila aveva inviato una delegazione presso Costantinopoli per discutere di cambiamenti territoriali a capo dei quali c'erano il re sciro Edico e il fidato Oreste, Edico in quanto re era il rappresentante più autorevole ma evidentemente non parlava la lingua greca e per comunicare si avvalse dei servizi di un interprete imperiale, Bigila.

Re Edico s'impressiona profondamente ammirando la bellezza di Costantinopoli e Crisafio cerca di approfittarne per ordire un complotto, promettendogli grandi ricchezze se lo avesse aiutato ad uccidere Attila...per esporgli il suo piano lo invita quindi a una cena privata, a cui Oreste non viene invitato, nel corso della quale Edico accetta di prendere parte al complotto, chiedendo in cambio 50 libbre d'oro per assicurarsi la fedeltà dei soldati di cui si sarebbe servito, denaro di cui si sarebbe occupato Bigila, l'interprete alle dipendenze della corte, presente alla cena, che a questo punto diventa parte attiva del piano.

Quando l'Imperatore Teodosio II viene informato da Crisafio del complotto acconsente a farlo eseguire, stabilendo a sua volta di mandare alla corte di Attila una delegazione diplomatica, seria e attendibile, per non fargli capire il vero obiettivo della missione. Così entrano in scena Massimino, uomo di grande reputazione con un passato da soldato, diplomatico stimato dotato di convincente eloquenza, che a sua volte invita l'amico Prisco de Panion, quel letterato che ci ha lasciato le uniche testimonianze scritte di un incontro diretto con Attila.

Era cosa comune, all'epoca, camuffare intenti assassini con delegazioni degne di massima stima, così come era un'occasione preziosa, per un letterato, avventurarsi in una lunga spedizione per poterla testimoniare, certo è che né Massimino né Prisco sospettavano di essere utilizzati per tale scopo quando partirono per quel viaggio la cui giustificazione ufficiale era quella di trovare una moglie per Costanzio, il segretario di Attila, e la consegna dei disertori agli Unni, come concordato nei precedenti accordi con Teodosio II.

Il viaggio di Massimino e Prisco per incontrare Attila

Il viaggio inizia nell'estate del 449, oltre a Massimino, a Prisco e ai disertori ci sono anche Edico e le sue guardie unne, Oreste e Bigila, Attila aveva acconsentito di incontrarli a Serdica (l'attuale Sofia) purché la delegazione fosse composta da membri autorevoli . Massimino sicuramente lo era, ma la presenza di Prisco fu probabilmente determinante perché Attila nutriva grande stima e ammirazione per gli uomini di cultura.

Dopo 13, faticosi, giorni di viaggio, il gruppo  raggiunge Serdica, una città allora deserta e in rovina, dove Massimino riuscì comunque a reperire un po' di cibo per organizzare quella cena che si sentì in dovere di offrire agli accompagnatori per rifocillarli e distendere gli animi.

L'attentato alla vita di Attila, pagina di storia
Non fu una cena facile, il vino inebriò gli unni che brindarono ad Attila e Massimino brindò a sua volta a Teodosio, mentre Bigila, fedele dipendente della corte di Costantinopoli, commentò stizzito che non era plausibile mettere quei due nomi nella stessa frase e allo stesso livello. Gli Unni si scaldarono ma le capacità diplomatiche di Massimino alla fine riuscirono a riportare la pace tra i commensali. Massimino, sentendosi ancora in dovere di fare qualcosa, regalò poi a Edico e a Oreste perle indiane e seta, e solo quando Edico si sarà allontanato Oreste si lascerà sfuggire una  frase criptica riguardo ad una cena privata, evidentemente quella in cui Edico e Crisafio avevano complottato contro Attila, argomento di discussione che i tre non potevano comunque conoscere.

Bigila, interprellato il giorno riguardo a quella cena, troverà delle scuse vagamente plausibili adducendo che la cena era riservata a Edico in quanto re di razza unna (cosa non vera, era sciro...) lasciando intendere che Oreste era semplicemente geloso per aver ricevuto un trattamento inferiore.

L'appuntamento con Attila a Sofia salta, la delegazione a questo punto deve proseguire il viaggio e si reca a Nis, ex città natale di Costantino, città fantasma dopo la distruzione avvenuta sei anni prima, popolata solo più da infermi e storpi che si riparano tra i ruderi anneriti degli antichi palazzi dati alle fiamme e che prendono l'acqua dal fiume, scavalcando strati di ossa dei caduti.

Dopo la desolante tappa a Nis, il gruppo si addentra nel terreno montagnoso della Serbia per raggiungere il Danubio in un punto navigabile dove traghettatori barbari li trasportano su canoe costruite con un solo tronco intagliato.
E proprio a quel punto di quel tribolato viaggio per raggiungere Attila giunsero voci che lo indicavano in partenza per la caccia nei territori dell'Impero e per un momento, interminabilmente sconfortante,  sembrò molto difficile riuscire a incontrarlo, nonostante il viaggio lungo ed estenuante.

Il Re Edico quindi decide di avanzare rapidamente da solo per  annunciare l'arrivo della delegazione e assicurare l'incontro, e quando torna, in compagnia di Scotta, interroga insistentemente Massimino e Prisco sui motivi per cui volevano incontrare Attila. I due, estranei a tutto il complotto, protestano con forza e trasparenza le loro ragioni diplomatiche ed, evidentemente, riescono dimostrare la loro estraneità a quel complotto - di cui ancora non sanno nulla ma che, probabilmente, Edico aveva già svelato agli Unni.

Attila è diffidente

Incontrano infine Attila una prima volta in una tenda in un villaggio unno, scambiano con lui alcuni convenevoli ma il grosso della conversazione si svolge tra Attila e Bigila, Attila non è soddisfatto dal numero di disertori riportati, la sua rabbia diventa feroce e sembra avere origini diverse, Attila stesso tuona una minaccia di morte poi ridotta a un pubblico castigo per via dell'etichetta diplomatica, che ben conosceva e rispettava...

Edico, evidentemente ancora doppiogiochista, chiede poi a Bigila di mettere a disposizione l'oro per pagare i sicari che avrebbero ucciso Attila, e questi abbandona il gruppo, ufficialmente per definire meglio la questione dei disertori, ufficiosamente per recuperare l'oro.

Al primo incontro tra Attila e Massimino e Prisco ne seguiranno altri, nella sua cittadella, che il gruppo raggiungerà dopo un'altra settimana di viaggio e dove avranno modo di godere dell'accoglienza Unna, cadenzata da quell'etichetta di corte distinta esattamente come quella imperiale ma con la possibilità di curiosare nella tana di quel lupo in cui nessuno dei dignitari occidentali, od orientali, osava avventurarsi.

Bigila torna, curiosamente accompagnato da suo figlio, e viene portato davanti ad Attila che gli chiede spiegazioni del tanto oro in suo possesso. L'interprete si giustifica dicendo che il denaro serviva per eventuali problemi durante il viaggio e per comprare i fuggiaschi, ma Attila  che evidentemente già conosceva la verità sfodera la spada contro suo figlio e tanto basta perché il padre inizi a vuotare il sacco, tra lacrime e singhiozzi, svelando tutto il complotto.

Non si sa se Edico abbia mai avuto intenzione di tradire Attila o meno, ma non lo fece e la situazione si rivolse a vantaggio degli Unni, Bigila fu incatenato nel villaggio e vi restò finché suo figlio non ritornò da Costantinopoli con altre 50 libbre d'oro per riscattarlo, solo a quel punto Oreste l'avrebbe riaccompagnato a Costantinopoli dove si sarebbe recato al cospetto di Teodosio II con una sporta con 100 libbre d'oro appesa al collo in segno di scherno, per ricordare all'imperatore il ruolo che aveva avuto nel complotto.

Al termine del suo viaggio, Prisco, ovvero quel letterato della corte d'Oriente abituato a fare distinzione tra "Romani" e "barbari", scrisse che Attila era: "un uomo nato per sconvolgere le razze del mondo. La potenza di quest'uomo così fiero appariva dagli stessi movimenti del suo corpo"





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