La battaglia dei campi catalaunici

La battaglia dei campi catalaunici è stata inclusa nelle 15 battaglie più importanti combattute al mondo, probabilmente la più feroce vissuta fino a quel momento storico,  a rendere così importante questa battaglia furono l'alto numero di uomini impiegati e i dispiegamenti internazionali che si sfidarono. E, naturalmente, i due "capi" che, dalle posizioni avversarie, stavano combattendo per mantenere in piedi l'impero romano o per farlo crollare,  Ezio e Attila, il re degli Unni.

Gli storici esagerano quando parlano di 700.000 uomini nell'esercito di Attila o quando contano 165.000 caduti su entrambi i fronti, nella battaglia si fronteggiarono probabilmente 50.000 uomini, comunque una carneficina immensa.

Una delle battaglie più cruente della storia: i campi catalaunici

La battaglia avvenne nel giugno dell'anno 451, in una zona della Francia che gli storici non hanno identificato con precisione, in un territorio pianeggiante sormontato da un modesto colle, con un fiume, o forse un torrente che attraversando l'area, si impregnò di sangue.

schieramenti nella battaglia dei campi catalaunici
Le descrizioni che gli storici ci hanno lasciato sulla battaglia parlano di un conflitto talmente violento da immaginare che i morti, sul campo di battaglia, avessero continuato a combattere ancora per molti giorni dopo il proprio decesso, come fantasmi intrappolati in un'azione talmente grande da non poter essere fermata neanche con la morte.

Sul fronte romano si trovava Ezio, che occupava l'ala destra, Teodorico e i Visigoti a sinistra e al centro c'erano gli alani di Sangibano, che occupavano una posizione centrale in quanto Ezio non si fidava pienamente di loro e voleva controllarne le azioni.

Sul fronte avversario Attila e gli Unni occupavano la posizione centrale, sul lato destro c'erano i gepidi guidati dal re Ardarico e alla sinistra gli Ostrogoti, condotti da tre fratelli. C'erano poi numerose tribù di molti popoli, i cui vari re pendevano dalle labbra di Attila. Quello era il fronte di Attila, le truppe che aveva raccolto e chiamato alla guerra, convincendoli con le buone alleanze di cui era abile artefice e con le pressioni di cui, da capo potente e temuto, era altrettanto capace.

Dopo i consueti discorsi che i capi pronunciarono alle proprie truppe, per motivarle e renderle agguerrite, gli scontri iniziarono. L'esercito Unno iniziò a scagliare una tempesta di frecce a cui seguì un primo attacco della cavalleria, ottenendo un primo successo che gli permise di avanzare in centro, poi si scagliarono contro i visigoti in un combattimento mostruoso e spietato. Fu in questo frangente che morì il Re Teodorico, forse disarcionato dal cavallo e poi calpestato dal suo stesso esercito, forse trafitto da una lancia ostrogota.  La profezia che gli sciamani di Attila avevano fatto sulla battaglia si era avverata, il capo avversario era morto, ma non si trattava di Ezio, come Attila aveva sperato, ma di Teodorico, il re dei Visigoti.  Lo scontro tra Unni e Alani non fu particolarmente cruento, quello tra Ostrogoti e Visigoti si. I due popoli dalle comuni origine gote si affrontarono con tutta la rabbia e la forza che poteva renderli storici avversari da generazioni e generazioni e i Visigoti, guidati ora sul campo da Torrismondo, il figlio di re Teodorico, ebbero la meglio, respingendoli indietro e facendoli arretrare al punto da mettere in pericolo la scacchiera difensiva di Attila.

Attila si trovava a combattere una battaglia diversa dai soliti, fulminei attacchi, che l'avevano reso potente, non poteva contare sul fattore sorpresa, non poteva fare rapidi e inaspettati raid, doveva pensare ad attaccare e a difendersi, la modalità della battaglia era sicuramente più congeniale ad Ezio, abituato a ponderare gli eventi in un arco di tempo più lungo, e infatti la volontà di Ezio era quella di portare il conflitto per le lunghe, attuando così un assedio sul campo e impedendo agli Unni di approvvigionarsi di rifornimenti, indispensabili per un esercito così grande che avrebbe dovuto combattere per giorni e giorni. 

Chi ha vinto la battaglia dei campi catalaunici?

le battaglie più cruente della storia: i campi catalaunici
Ezio non era solo un abile comandante militare, era anche un uomo politico attento agli equilibri internazionali, se gli Unni fossero stati completamente annientati si sarebbero rotti altri precari equilibri, minacciando l'alleanza con i Visigoti che  avrebbero acquisito troppo potere e importanza nella scacchiera internazionale.

Tutti questi ragionamenti Ezio li faceva quando già Attila aveva preparato una pira con le selle e altri paramenti in legno, pronto a darsi fuoco piuttosto che finire in mano ai nemici. No, la battaglia doveva finire così, con migliaia di morti accatastati sul terreno, con un fiume rosso di sangue, senza un vincitore e senza uno sconfitto, non ufficialmente almeno. Convinse Torrismondo ad abbandonare il campo per tornare immediatamente alla sua corte e reclamare il potere prima che i suoi fratelli avrebbero potuto opporsi al suo incoronamento,  richiamò le truppe e se ne andò.

La conseguenza di questo esito incerto fu il mantenimento di un equilibrio, pur precario, che vedeva ancora l'Impero Romano d'Occidente saldamente insediato al potere e la consapevolezza che tanto gli Unni quanto i Romani, senza solide alleanze, non erano in grado di modificare radicalmente questo assetto. I Visigoti ottennero probabilmente quello per cui, da generazioni, avevano combattuto ed erano ormai a tutti gli effetti, un popolo stanziale che faceva la guerra solo per mantenere la pace, un popolo che aveva trovato un posto da chiamare casa, non erano più considerati "barbari".




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