Come vivevano gli Unni: usi e costumi del popolo di Attila

I romani li chiamavano "barbari" e disprezzavano il loro stile di vita, che consideravano incivile e negletto, ma come vivevano realmente gli Unni?

L'economia degli Unni

Gli unni erano tante cose ma certo non agricoltori, la loro vita nomade o seminomade li portava a spostarsi frequentemente e queste zingarate richiedevano un'economia basata su introiti diversi, amministrabili anche in movimento.
Gli unni erano abili e spregiudicati cavalieri, questo li rendeva guerrieri temibili e allevatori di cavalli molto stimati, e proprio queste due peculiarità unne erano alla base della loro economia. La vendita dei cavalli e i raid di guerra. Grazie alle incursioni belliche in terre ricche gli Unni si procacciavano cospicui bottini  che poi utilizzavano per sostenere la popolazione, e sempre con la minaccia della guerra e della distruzione riuscivano a sottomettere molti popoli che acconsentivano a fornire grano, ortaggi e foraggio in cambio di pace e protezione. E poi, naturalmente, c'erano i tributi, ossia i pagamenti in oro e gioielli preziosi che la ricca Costantinopoli  versava fin dai tempi di Re Ruga, a cui seguiranno Bleda e Attila, per tenere a bada la minaccia unna e prosperare nel governo del giovane, ma già solido, Impero d'Oriente. 

Beni di lusso e commercio

abitudini di vita degli unni, il popolo di Attila
Non meno di altre culture, ai ricchi Unni piaceva circondarsi di beni di lusso, sappiamo che gli aristocratici possedevano  gioielli d'oro e d'argento, perle indiane, tessuti di seta e alimenti ricercati come i datteri fenici, il pepe indiano o i più pregiati vini europei.
Se parte di questi beni proveniva dai bottini di guerra, in particolare l'oro, gli altri beni venivano sicuramente acquistati secondo le normali regole del commercio, principalmente in cambio di quei cavalli così forti e robusti che sapevano cavalcare così abilmente durante le battaglie. 

Le case e il palazzo di Attila

Gli Unni, da sempre popolo nomade, stavano comunque acquisendo abitudini tipiche del mondo imperiale, e verso la metà del V secolo iniziarono a risiedere in case di legno all'interno di villaggi. Fino a quel momento le loro abitazioni erano state le tende e i carri, che ben si prestavano alla vita itinerante del popolo nomade.
Il palazzo di Attila, costruito in legno come le altre abitazioni, era grande e impreziosito da arazzi, tende e decori di grande pregio, le stesse travi sembravano intagliate e appoggiate le une alle altre senza bisogno di grossolani lavori di falegnameria e si camminava su tappeti di lana e stuoie per muoversi tra le varie stanze.
Fiore all'occhiello del palazzo di Attila erano i bagni, rivestiti di marmi pregiati e pietre fatte arrivare dalla Pannonia in quanto, in zona, non c'erano cave. Curiosamente, i bagni furono costruiti da un architetto greco fatto prigioniero a Mitrovica che sperava, assecondando i desideri di Attila, di guadagnarsi la libertà, ma quei bagni piacquero tanto che il suo lavoro consistette probabilmente nel curarne la manutenzione per tutta la vita.

La vita di corte

Anche se può sembrare eccessivo definire "corte" la cittadella in legno di Attila, nel palazzo vigeva un'etichetta influenzata dalla cultura centro asiatica persiana. C'erano quindi regole molto precise ed elaborate incentrate sul decoro e sull'etichetta, il galateo non sono non era sconosciuto ma era applicato più che in molte corti romane. 

La famiglia

Nella società Unna era praticata la poligamia, un uomo poteva avere più mogli, ovviamente solo i più ricchi e importanti potevano provvedere alle esigenze di una famiglia allargata, esattamente come accadeva nell'antico Egitto. Quindi la poligamia, per quanto praticata, era probabilmente destinata alle classi dirigenziali, a quei capi e governatori che potevano permettersela e che stringevano, attraverso più matrimoni, più alleanze politiche o economiche.

La prima moglie rivestiva comunque un ruolo privilegiato, così come i figli di primo letto erano considerati più importanti rispetto agli altri.

Igiene personale e aspetto fisico degli Unni

Gli Unni venivano descritti come un popolo rozzo e sporco, Prisco stesso - bisogna interpretare i suoi scritti e liberarli dai retaggi culturali in cui furono prodotti - racconta che erano abituati a tenersi addosso lo stesso logoro vestito - cucito anche con pelli di topi - fino a quando, troppo malandato, non era completamente stracciato. Lo stesso Prisco che ci narra di come, nella prima cena in cui vide Attila, lo vide indossare abiti talmente semplici da stupirlo, e cibarsi in modo morigerato a dispetto delle portate sontuose servite agli ospiti, in preziose argenterie. Attila era un uomo essenziale, motivo per cui la pulizia e l'igiene personale erano innate in lui quanto nel suo popolo, era un uomo sobrio e pulito e nulla può far credere che queste non fossero le comuni usanze della popolazione. Le donne ricamavano tessuti di lino come in ogni altra parte del mondo, e non certo per rivenderli. Troppi pregiudizi hanno voluto disegnare gli unni come un popolo di incivili, non lo erano, erano evoluti molto più di quanto non lo fossero i loro contemporanei.
Sull'aspetto fisico unno, poi, c'è da aprire un'altra finestra... vengono raccontati come uomini dal cranio deforme, piccoli e brutti, con le guance solcate da profonde cicatrici.
La statura modesta era forse prerogativa etnica unna (e forse proprio questa statura permetteva agli unni di essere validissimi cavalieri), le cicatrici erano le ferite che i guerrieri unni si infliggevano dopo un grave lutto, come la morte di un capo che avrebbero rimpianto, si tagliavano la pelle con la lama più volte, da guancia a guancia, perché non dovevano essere le lacrime di una "femminuccia" ad accompagnare il trapasso ma quelle di uomini veri, trafitti dal dolore.
Il cranio oblungo, che non caratterizzava tutta la popolazione ma solo una parte di "eletti", era la conseguenza di strette fasciature perpetrate sin dall'infanzia per distinguere il destino di un futuro guerriero o sacerdote, di una persona votata all'evoluzione della società Unna. Questo tipo di rituale era comune nelle tribù mongoliche-cinesi, da cui probabilmente originano gli Unni.
Attila stesso è descritto con il volto segnato dalle cicatrici, tanto che la barba cresce a fatica e in modo irregolare, e il viso allungato. La sua stirpe reale, evidentemente, l'aveva voluto riconoscere come personaggio significativo sin dal primo giorno di nascita.

Gli schiavi

La schiavitù era praticata, molti popoli sottomessi divennero schiavi degli Unni ma la libertà poteva essere riscattata e se la persona si dimostrava intraprendente poteva anche vivere agiatamente all'interno della società Unna.
Quando gli Unni avanzavano e conquistavano una nuova zona molta gente fuggiva ma molti restavano, soprattutto contadini, che venivano incoraggiati dagli Unni a lavorare la terra in quanto l'economia locale dipendeva dalle produzioni agricole.
Prisco de Panion ebbe modo di parlare direttamente con uno schiavo liberato, durante una delle cene a cui fu invitato, alla corte di Attila, e questi gli raccontò la sua storia: era un commerciante di origini greche che si era spostato sulle rive del Danubio per stringere i suoi affari, e lì si era stabilito e aveva contratto matrimonio con una donna molto ricca, diventando quindi un uomo ricco e potente.
Ma l'arrivo di Attila aveva fatto tabula rasa di tutto, e lui era diventato uno schiavo, povero, come molti altri. Partecipando però attivamente alla vita militare nelle schiere unne era riuscito a riscattare la propria libertà e a costruire una propria fortuna, si era risposato e ora - raccontò a Prisco - "era un uomo felice, conduceva quella vita semplice e sana che ogni uomo ha il diritto di aspettarsi, sicura dall'ingiustizia, dalle esazioni, dalle ingiurie dei potenti, dal fardello delle tasse e dai ritardi e dalla corruzione dei tribunali". Questi uomini, pur non essendo nati Unni, lo erano diventati per scelta e la loro fedeltà verso Attila era incondizionata.

La religione

Le origini della religione unna sembrano risalire a quella Mongola, tra i riti sacrificali più cruenti della cultura unna c'era  il sacrificio dei cavalli a quella che sembra essere la stessa divinità adorata dagli Hiung-Nu della Mongolia.

Gli animali assumevano un valore simbolico nei momenti più significativi e venivano esposti come Totem, i teschi di cavallo davanti alle case o alle tende avevano il compito di tenere lontano il male, il ghiottone, animale molto combattivo, era il totem di guerra mentre l'orso il totem della pace.
Attila teneva in grande considerazione le profezie e le interpretazioni dei suoi indovini e sacerdoti, tanto da interpellarli per decidere le strategie sui campi di battaglia. 
Gli Unni erano tolleranti verso le altre religioni e all'interno dei territori Unni i Cristiani non erano perseguitati.

Sepolture

Gli Unni seppellivano i loro defunti importanti assieme ad oggetti utili nell'aldilà, prevalentemente spade, armi e briglie. Attila fu sepolto assieme ad un tesoro di valore inimmaginabile e la sua tomba non è ancora stata trovata, per quanto sicuramente in molti, nel corso dei secoli, ci abbiano provato. 


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