Costantinopoli e la politica dopo Costantino

La "Nuova Roma" fortemente voluta da Costantino, Costantinopoli, era stata molto rinforzata via terra e via mare dopo la sua nascita, rendendola sempre più inespugnabile.
La politica attuata da Costantino, però, non fu sempre portata avanti dai suoi successori.
L'imperatore Giuliano, per esempio, chiamato l'Apostata perché tentò di restaurare la vecchia religione pagana, senza attuare tuttavia una concreta persecuzione ai cristiani. L'intento di Giuliano, attratto dalla cultura ellenistica e dalle antiche religioni pagane, era quello di stabilire una grande tolleranza di professione di fede, anche se ormai il cattolicesimo era estremamente radicato in oriente.
Giuliano, che pare che abbia scritto - in una sola notte - un inno di diciassettemila parole in cui si rivolge a una dea pagana, istituì un governo austero ma non riuscirà nel suo intento di restaurazione religiosa, morirà in battaglia contro i persiani, nel tentativo di riprendere alcune terre sottratte dal suo predecessore Costanzo II.

A Giuliano succederà Gioviano, il capitano della sua guardia personale, che accetterà i termini della resa con i Persiani, concedendo le cinque province di frontiera che erano state conquistate da Diocleziano.

Le politiche di Costantino saranno riprese da Teodosio I.

Teodosio fu il primo imperatore a stabilire la propria residenza a Costantinopoli, con uno dei suoi primi atti vietò la pratica dei riti pagani e ufficializzò la dottrina ortodossa del concilio di Nicea. Tutte le chiese ariane di Costantinopoli furono sottoposte al controllo degli ortodossi e fu loro vietato di tenere funzioni religiose pubbliche.

Teodosio era assolutamente convinto della sua fede cristiana e lo mostrò a tutto il mondo, su suggerimento del Vescovo Ambrogio,  entrando nella cattedrale di Milano, a capo scoperto e vestito di un sacco, per chiedere perdono dei propri peccati.

Anche a livello militare Teodosio recuperò la politica di Costantino, che già aveva rafforzato l'esercito e le linee di confine. Teodosio arruolò molti di quei Goti che vivevano da coloni ai margini dell'impero, dopo la sconfitta di Valente, offrendo loro uno stipendio alto, l'esenzione dalle tasse e un buon grado di autonomia, assicurandosi così la fedeltà di una forza motivata da poter usare contro i Persiani - con cui in seguito siglò un duraturo accordo di pace - gli Unni e gli altri popoli che potevano minacciare l'Impero.

Quando Attila viene incoronato Re degli Unni,  a Costantinopoli l'Imperatore è Teodosio II, il nipote di Teodosio I, fratello di Pulcheria, reggente nei primi anni di governo e consigliera in seguito, fino al suo allontanamento voluto da Crisafio, l'eunuco che riuscì a sostituirla come primo consigliere di Teodosio II. Attila riuscì a ottenere grandi quantità di oro da Teodosio, che pagava, non sempre di buon grado, i tributi d'oro richiesti per mantenere la pace all'interno dei confini. 

Teodosio II era un uomo colto, buon praticante cattolico, con modi amabili e piacevoli, ripudiava la violenza e lo spargimento di sangue, un grande umanista quindi, disinteressato militarmente, chiamato a fare il duro lavoro dell'Imperatore con gli Unni alle porte. Un personaggio di grande rilievo politico dell'epoca era il prefetto Antemio, e sarà lui, con Teodosio II ancora  bambino, a disporre che le mura della città dovessero essere ulteriormente fortificate, non essendo più in grado di garantire la sicurezza. 

Il nuovo sistema difensivo prevedeva quindi una cinta muraria principale interna, spessa quattro metri e sovrastata da 96 torri alte 20 metri, poste a 60 metri di distanza l'una dall'altra. La cinta interna era protetta da una seconda cinta esterna, guarnita con altrettanti torri di avvistamento, e le due cinte si congiungevano in un'ampia terrazza larga una ventina di metri. Le mura furono costruite principalmente in pietra, gli ingressi erano dieci, cinque dei quali utilizzati solo per scopi militari.

Questo sistema difensivo sarà ulteriormente rafforzato nel tempo, ma se Costantinopoli ha retto per 1000 anni lo si deve ad Antemio. 
 

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